La scuola e la poesia ai tempi dell’isolamento

di Maria Catapano (docente Its Sturzo)

Il 25 marzo in Italia si celebra il Dantedì, la prima giornata nazionale dedicata al sommo poeta, simbolo della cultura, della lingua e dell’unità italiana, per iniziativa del governo su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini.

  La data  del 25 marzo è stata individuata dagli studiosi come inizio del viaggio ultraterreno della Divina Commedia

Ricorrenza celebrata in digitale ai tempi del Covid 19:  musei, archivi, biblioteche, Mibact, mezzi di informazione, artisti…tutti leggono Dante, tutti riscoprono (o scoprono) Dante attraverso letture virtuali, pillole streaming, performance dedicate.

Dante corre sui social, lanciato dagli hashtag ufficiali #Dantedì e #IoleggoDante , fuoriuscito da quel libro di letteratura italiana che da un po’ di tempo per i ragazzi non è più “il mattone pesante da portare a scuola”.

Già perché a scuola i ragazzi non vanno più, l’emergenza li ha chiusi nelle loro case, in compagnia di “quei mattoni che chissà a cosa possono servire ora”.

 Ma i ragazzi (perdonerete la ripetizione, conosco i sinonimi e i tecnicismi del mio mestiere ma chi parla non è la docente burocrate) non sono soli, ci siamo noi insegnanti a tenere loro compagnia, c’è #la scuola che non si ferma# (l’hashtag che non dura solo il 25 marzo) che li ha raggiunti attraverso le forme della didattica a distanza.

Quotidianamente portiamo avanti il nostro lavoro, proviamo a farli lavorare e tra le righe di storia o di diritto, tra un esercizio di matematica ed uno di economia, da una traduzione di lingua straniera, dalle lezioni di chimica e biologia…cogliamo le loro ansie, percepiamo quel non detto che spesso viene fuori con  “a scuola è un’altra cosa”, “mi manca lo stare insieme ai compagni”, “mi manca lo sguardo di approvazione di un prof che mi dà sicurezza”, ora non  solo la sicurezza di aver capito bene ma che tutto andrà bene… 

Oggi quindi letteratura in terza.

 Dantedì da onorare… come e in che modo?

Penso al passo che potrei proporre e mi viene in mente Primo Levi che nel lager spiegava al deportato francese il canto di Ulisse :”Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza…”

 L’inferno del campo che degradava l’uomo, riducendolo ad un bruto contro la sua volontà, ma non gli toglieva il desiderio di sentirsi ancora uomo attraverso la conoscenza e la poesia. Lo “squillo di tromba” risveglia anche me…

Non siamo certo in un lager ma tutti noi, soprattutto i ragazzi, abitano tutti i giorni  l’ inferno  del Covid… Allora bisogna, come diceva Calvino nelle Città invisibili: “cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”….

Compito per oggi: “Ragazzi scrivete una cosa che vi è piaciuta di  Dante, una cosa che invece non condividete e quali versi vi hanno maggiormente colpito e perchè.”  Senza filtri, uno sguardo al mattone e l’altro più profondo all’essenza…

Carmen: “La frase che mi ha colpito di più è “NON RAGIONIAM DI LORO MA GUARDA E PASSA” perchè l’ho sentita molto anche nella vita attuale e significa non preoccuparti della malignità delle persone ma vai avanti.” Anche Catello è d’accordo con lei: “Non vale la pena di preoccuparsi e di farsi il sangue amaro a causa di malignità, bugie, calunnie o pettegolezzi altrui” Dante per lui “ci invita a fregarsene, a lasciar perdere, in quanto non si può piacere a tutti.

 Erika scrive: “ Dante rispetta la donna, cosa che in molti uomini non c’è.”

Daniele vorrebbe che Dante condividesse i suoi pensieri e i suoi timori invece di svenire sempre, Alessandro ha tra i suoi obiettivi di vita la strada della conoscenza, oltre a difendere le  pari opportunità che per lui erano negate a Beatrice.

Guglielmo mi dice che Dante era diverso dai suoi coetanei, forse non prova troppo simpatia per lui, ma gli piace la sua diversità, Myriam è colpita dalle parole di Francesca quando dice che ricordarsi del tempo felice nella miseria è un grande dolore…  Mario però dice :” La frase che più mi ha colpito in tutta la sua opera, è”lasciate ogni speranza voi che entrate”. Tale frase serve per mettere in guardia chi sta per entrare, infatti si tratta di una porta di solo andata, che durerà in eterno e che una volta varcata non c’è alcuna speranza di tornare indietro. Questa citazione mi fa capire però quanto sia importante non perdere la speranza nella vita anche se in questo caso entrando all’inferno la si perde”…

Commento le loro riflessioni e li abbraccio tutti virtualmente, inviando delle faccine che mai come in questo momento sento vere e che sorprendono anche me, ho riscoperto forse l’empatia che spesso metto in castigo nell’angolino dell’aula, pensando che possa ledere l’immagine di prof tutta d’un pezzo.

” Io non so dire quello che hai letto con parole diverse da quelle che ho usato. Quando la spieghi, la poesia diventa banale. Meglio delle spiegazioni, è l’esperienza diretta delle emozioni che può spiegare la poesia ad un animo disposto a comprenderla. La poesia non è di chi la scrive, ma di chi… gli serve. “

Caro Dante penso che anche oggi la scuola, quella vera fatta dai ragazzi, ti ha degnamente celebrato e che anche al tempo dei social e dell’isolamento sei il mattone pesante che in fondo ognuno sa a cosa gli può servire.