Foibe, così il Giorno del ricordo ci ha restituito una tragica pagina di storia italiana

di Marika Carotenuto (V H)

In occasione della solennità nazionale del Giorno del Ricordo, che viene celebrata ogni anno il 15 febbraio, nel teatro Karol di Castellammare di Stabia si è svolta una conferenza  dedicata alle  Foibe. E’ molto comune trovare persone che non hanno mai sentito parlare di questo evento tragico, che pure fa  parte della nostra storia.

Le foibe sono delle cavità naturali che si trovano principalmente nella penisola istriana, zona appartenente all’Italia nella prima metà del Novecento. Queste fosse naturali sono state utilizzate dal dittatore jugoslavo Tito per “ripulire” l’Istria, la Dalmazia e l’attuale Venezia Giulia da tutte le persone colpevoli di essere contrarie al regime comunista o, semplicemente, italiane. Questi massacri avvennero subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, firmato dagli angloamericani, e con la presa di potere da parte dei partigiani  jugoslavi di Tito. Queste furono soprattutto delle operazioni di vendetta per gli Italiani che prima dell’armistizio imposero un’italianizzazione forzata del territorio con la repressione delle popolazioni slave locali. I massacri furono di una violenza inaudita, le esecuzioni avvenivano in gruppo: due o più persone venivano legate tra loro ai polsi con il fil di ferro, in questi gruppi ogni tre o quattro persone venivano uccise o ferite a morte. Cadendo nelle fosse, trascinavano con sé anche chi non era stato ferito: il loro terribile destino era quello di morire lentamente tra i corpi dei loro compagni. I primi a ricevere questo trattamento furono: poliziotti, militari e gli italiani che, per il solo fatto di essere tali, venivano bollati, senza distinzioni, come fascisti. Le vittime furono miglia tra chi venne infoibato e chi venne deportato nei lager di Tito.

In questo periodo furono migliaia le famiglie italiane che fuggivano dall’Istria, dalla Dalmazia, da Pola o da Fiume e giungevano nei porti di Bari e di Venezia. Qui ad attenderli c’erano comunisti e appartenenti alla sinistra. Dopo il lungo viaggio, i fuggiaschi venivano accolti con fischi e insulti perché visti come traditori e invasori. Quando giunsero a Bologna, infatti, per evitare che gli esuli si fermassero, i ferrovieri minacciavano di dar vita ad uno sciopero e si impedì a queste persone di scendere dal treno per rifocillarsi: il latte raccolto per donne e bambini affamati venne versato.

Oggi si cerca di diffondere il principio dell’accoglienza dello straniero come un fratello, ma per anni i nostri fratelli sono stati considerati come stranieri. 

Per tantissimi anni l’Italia ha cercato di ignorare questa pagina vergognosa della nostra storia, anche per la colpevolezza che ebbe il Paese per non aver fatto nulla per difendere i propri connazionali dall’ira di Tito. In cinquant’anni solo trenta articoli furono dedicati a questo argomento. Grazie all’istituzione del Giorno del Ricordo, il 10 febbraio, questo velo si sta squarciando. Questa pagina di storia è sempre più discussa nei giornali e nelle scuole per ricordare quelle persone ingiustamente sterminate con l’unica colpa di essere italiane e che non meritano di finire nel dimenticatoio.

Tutte quelle vite infoibate costituiscono una parte del vissuto nazionale. Da ciò che è successo dobbiamo trarre un insegnamento, cioè quello di essere solidali  verso i nostri connazionali. Dopo esserci sentiti stranieri nella nostra patria, è importante imparare ad accogliere lo straniero che scappa dal proprio Paese e farlo sentire come a casa.