Ho imparato che… dal vivo è meglio che virtuale
di Mariangela Ruocco (IV A)
In questi giorni di emergenza ho imparato che la nostra quotidianità non è noiosa, a volte mi sono lamentata, stressata perché non riuscivo ad organizzare tutti gli impegni fra scuola ed uscite. La vita è cambiata dalla sera alla mattina senza nessun preavviso, senza nessuna alternativa ci siamo ritrovati chiusi e circondati da notizie dei tg, dei social allarmanti, preoccupanti come uno scenario di guerra e tutto per questo virus: Covid 19, popolarmente detto Coronavirus.
Noi giovani che ci sentivamo invincibili, protetti dalle nostre famiglie… ora stiamo vivendo un periodo di incertezze, paure, ansie che neanche i nostri cari sanno come affrontare, anche se loro ci incoraggiano noi stessi percepiamo l’ansia che provano anche loro.
Ho capito con questo isolamento il valore delle distanze e se alcune persone importanti sono lontane, inspiegabilmente le puoi sentire vicine.
Questo tempo mi ha fatto riscoprire il valore di un abbraccio, l’importanza di guardarsi negli occhi, il calore di una pacca sulla spalla… proprio ora che stiamo scrivendo su fredde tastiere e guardando un glaciale schermo capisci l’importanza di uno sguardo di approvazione di un professore che può infondere sicurezza.
Ho capito in questi giorni che il miglior rimedio per affrontare le difficoltà è la pazienza perché solo stando calmi riusciremo a farci scivolare addosso velocemente questi giorni interminabili. In fondo a noi non è stato chiesto di andare al fronte a combattere come i nostri bisnonni, ci è stato chiesto di restare a casa, ma quello che più di tutto resterà immortale nella mia mente è il silenzio assordante fuori al balcone, è tutto così surreale. Questo virus mi ha insegnato che devo dare il giusto valore al tempo, devo condividere realmente e non virtualmente come purtroppo la mia generazione è abituata a fare, però per fortuna oggi ci sono tutti questi mezzi di comunicazione così possiamo ancora tenere vivi i rapporti con le persone che solo momentaneamente abbiamo “chiuso” fuori alla porta.
Un motto di tutti in questo periodo che faccio anche mio è che ANDRA’ TUTTO BENE, SI’ aggiungo convinta. Ma ora come allora mi dà forza e mi tranquillizza pensare ad una storia che mia mamma mi raccontava da piccola: la storia delle quattro candele.
Voglio condividerla con voi:
<< Le quattro candele, bruciando, si consumavano lentamente.
Il luogo era talmente silenzioso, che si poteva ascoltare la loro conversazione.
La prima diceva:
“IO SONO LA PACE, ma gli uomini non mi vogliono:
penso proprio che non mi resti altro da fare che spegnermi!”
Così fu e, a poco a poco, la candela si lasciò spegnere completamente.
La seconda disse:
“IO SONO LA FEDE purtroppo non servo a nulla.
Gli uomini non ne vogliono sapere di me, non ha senso che io resti accesa”.
Appena ebbe terminato di parlare, una leggera brezza soffiò su di lei e la spense.
Triste triste, la terza candela a sua volta disse:
“IO SONO L’AMORE non ho la forza per continuare a rimanere accesa.
Gli uomini non mi considerano e non comprendono la mia importanza.
Troppe volte preferiscono odiare!”
E senza attendere oltre, la candela si lasciò spegnere.
…Un bimbo in quel momento entrò nella stanza e vide le tre candele spente.
“Ma cosa fate! Voi dovete rimanere accese, io ho paura del buio!”
E così dicendo scoppiò in lacrime.
Allora la quarta candela, impietositasi disse:
“Non temere, non piangere: finchè io sarò accesa, potremo sempre riaccendere le altre tre candele:
IO SONO LA SPERANZA”
Con gli occhi lucidi e gonfi di lacrime, il bimbo prese la candela della speranza e riaccese tutte le altre.>>
L’insegnamento di questa storia è che ognuno di noi può essere come quel bimbo capace con la sua speranza a riaccendere la pace,la fede e l’amore; quindi invito tutti a rispettare le norme vigenti, finirà presto e ritorneremo tutti alla nostra tanto amata quotidianità.