Intervista al mio bisnonno, soldato prigioniero nel campo di sterminio
di Alfonsina Palomba (IV S)
Il 27 Gennaio, per noi “Il giorno della memoria” , le truppe sovietiche dell’Armata Rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz. Per questa ricorrenza ho deciso di condividere le memorie del mio bisnonno Salvatore Palomba attraverso un’intervista nella quale ci racconterà in breve tutto ciò che ha dovuto affrontare, sopportare e vedere durante questa terribile guerra.
Com’è iniziato il tutto? Siete rimasti sorpresi o spaventati quando avete saputo di dover partecipare a questa guerra?
“Poiché fin da piccoli sapevamo già che fatta una certa età saremmo dovuti entrare a far parte dell’Esercito per un’eventuale guerra, quando è arrivato il mandato non eravamo molto impauriti o sorpresi… Anzi ci chiedevamo come sarebbe stata questa guerra. Fummo portati a Imperia Porta Maurizio alla “Caserma Crespi” situata in una vallata. Lì ricevemmo le istruzioni base, ad esempio come sparare con i fucili e altre armi da fuoco e ci addestrarono e spiegarono come ci si doveva comportare in battaglia. Questo durò per 5 mesi fin quando il Governo italiano emanò la mobilitazione generale di tutte le classi dalla 1 alla 18.
E poi cosa successe dopo questa mobilitazione generale?
“Ci equipaggiarono; ci diedero 4 bombe a mano, 72 cartucce, 2 maschere antigas, 2 coperte, tele da tenda e uno zaino con la biancheria. Ci portarono in treno a Bari e lì ci imbarcammo con la nave Donizetta diretti a Vallone dove era situato il porto provvisorio dell’ Albania (per lo sbarco e imbarco militare) dopo di che con dei Camion autocolonna fummo trasportati a Giannina dove c’era il comando militare, ci distribuirono e mandarono al fronte: noi eravamo la Divisione Bari”.
Da cosa è composta una divisione?
La divisione era composta da 3 reggimenti e una compagnia comando che era formata a sua volta da specialisti quali trombettieri, guardalinea, marconisti, telefonisti e telegrafisti.
E tu che ruolo avevi?
“Io ero un telegrafista, avevo il compito di trasmettere messaggi o istruzioni, infatti possedevo una radio trasmittente e un codice che era un documento segreto il quale ci veniva cambiato ogni mese”.
Quanti giorni siete stati al fronte?
“Circa 35 giorni poiché i greci avevano fatto un’avanzata, e ci fu ordinato di ritirarci e prendere una posizione di fronte di resistenza. I tedeschi invece avanzarono dal lato orientale, privo di resistenza e presero alle spalle i greci. Dopo il presidio di tutta la Grecia rimanemmo bloccati 2 anni, alloggiavamo in un campo di aviazione provvisorio non dichiarato sulle carte topografiche. Venne l’8 Settembre 1943, quando il generale Badoglio chiese l’armistizio a condizione che rientrassimo noi per primi dagli Stati balcanici e poi lui avrebbe dichiarato l’armistizio, anche se le cose non andarono così poiché Badoglio ci lasciò lì”.
Quindi siete rimasti in Grecia o siete riusciti a ritornare in Italia?
“Nessuna delle due. Esattamente dopo due giorni il 10 Settembre i tedeschi ci circondarono, ritirarono tutte le armi e ci promisero di riportarci in Italia. Quindi, scortati dai tedeschi, iniziammo a camminare e dopo 5 Km arrivammo a Florina, da lì iniziava la linea ferroviaria. Ci imbarcarono su una tradotta militare con alimenti per 5 giorni (scatolette e gallette). Attraversammo la Serbia, la Romania, la Bulgaria, l’Ungheria per andare in Jugoslavia e da lì ci portarono in Germania.
Da prigionieri?
“Sì, per circa 4 mesi siamo stati prigionieri a Strasburgo al forte di Compriz. Poi arrivò un ordine di lavoro per i volontari. Aderimmo solo in 25 più un sergente e ci portarono ad una caserma chiamata “Scuola degli allievi ufficiali tedeschi “
A cosa eravate addetti?
“I nostri compiti erano vari: 5 per pulire il cortile, 5 in cucina, 5 per la manutenzione delle camere, 5 per la spesa di viveri, 5 per la pulizia dei gabinetti”.
Come eravate trattati? E quanto tempo siete stati in questa caserma?
“Eravamo trattati come gli allievi, gli stessi diritti, e siamo stati in questa caserma 7-8 mesi fin quando gli elicotteri americani intercettarono la caserma e iniziarono a bombardarla anche se non sapevano precisamente dove fosse poiché era circondata da piante di platano che la nascondevano, inoltre avevamo dipinto le finestre di blu. Gli allievi furono costretti a cambiare caserma”.
E invece voi dove foste mandati?
“Noi fummo mandati in un campo di sterminio ai confini tra l’Austria e la Germania”.
E lì eravate insieme agli ebrei?
“No, eravamo divisi, anche perché gli Ebrei ci consideravano loro traditori. Noi ci trovavamo dalla parte opposta”.
Sapevate cosa veniva fatto agli Ebrei?
“In un primo momento no, poi l’abbiamo capito…”
Voi invece come eravate trattati?
“Non meglio degli altri prigionieri, avevamo perso la nostra identità, infatti durante gli appelli che si svolgevano giornalmente venivano chiamati con una matricola, la mia era 358128″.
Siete rimasti lì fino alla fine della guerra?
“No, successivamente siamo stati mandati ai confini d’Italia per fare un lavoro speciale ovvero i fossi anti-carri, questo lavoro è durato per 5-6 mesi circa. In seguito arrivò un mandato di lavoro per coloro che esercitavano già precedentemente un mestiere, poiché Hitler aveva mandato i giovani a combattere al fronte e le fabbriche si erano ritrovate vuote, senza personale, quindi ci portarono là: io ero addetto alla costruzione delle cassette di munizioni, giusto 2 mesi dopo siamo stati lasciati liberi, ormai la guerra era quasi giunta al termine”.
Quindi siete ritornati in Italia?
“Purtroppo no, eravamo in 5 e siamo stati costretti a fermarci in un paese chiamato Mariano mentre aspettavamo l’ordine di ritorno, alla fine fummo portati a casa dalle truppe americane e inglesi”.
Un resoconto sulle sensazioni provate in questa terribile guerra?
“Abbiamo sofferto tanto ed abbiamo visto il peggio. Mai più la guerra! Quello che abbiamo patito noi non lo auguriamo a nessuno.”